
Ciconte, Classi pericolose. Una storia sociale della povertà dall’età moderna a oggi
Domanda: quando e perché abbiamo iniziato ad avere paura degli ultimi?
Enzo Ciconte è docente a contratto di Storia delle mafie italiane all’Università di Pavia. È stato consulente presso la Commissione Parlamentare Antimafia.
Con la qualificata casa editrice Laterza pubblica questo volume tessendo le fila di una secolare vicenda che parte dagli albori dell’età moderna, quando per la prima volta il povero perde la concezione sacrale che aveva avuto nel Medioevo e diventa agli occhi dei gruppi dominanti colpevole del proprio stato.
“Poveri e stranieri – scrive l’Autore nell’Introduzione – sono considerati pericolosi, ma sono senz’altro in buona compagnia perché c’è un’enorme varietà di soggetti definiti come pericolosi: banditi, briganti, vagabondi, assassini, criminali, pendagli da forca, masnadieri, ladroni, accattoni, mendicanti, marginali, prostitute, ebrei, esposti, malati, folli, esclusi, diseredati, schiavi, zingari, ladri, farabutti, tagliaborse, manigoldi, malandrini e imbroglioni di tutte le specie e di tutte le età. Una lunga lista di persone, parziale perché si rinnoverà di frequente, appartenenti alle fasce deboli o a determinate minoranze, sono state considerate pericolose e da controllare per i loro atti criminali o, altrettanto spesso, per la loro semplice condizione sociale. Ci sono pure le streghe, donne pericolose per antonomasia, processate, torturate e costrette alla pubblica abiura dal Sant’Uffizio oppure messe al rogo in piazza perché tutti potessero assistere allo spettacolo”.
Il testo è suddiviso in 13 capitoli.
“Questo – evidenzia l’Autore – è un libro di storia, ma è una storia che ha una precisa prospettiva: guardare dal basso, osservare le smisurate disuguaglianze sociali, le vicende umane, sociali, economiche, politiche, religiose, antropologiche, in particolare delle classi subalterne, per comprendere le quali e per valutarne le varie rappresentazioni pubbliche e le relative percezioni in termini di pericolosità è sempre bene tenere a mente una chiave di lettura suggerita da Antonio Gramsci: «per una élite sociale, gli elementi dei gruppi subalterni hanno sempre alcunché di barbarico e di patologico». Da qui nasce la convinzione che sia necessario controllarli con ogni mezzo perché sono pericolosi, emarginarli, metterli fuori dalla portata degli occhi dei tanti soggetti timorati”.
Ci sono persone considerate pericolose per la loro condizione sociale, perché sono povere. Non hanno fatto nulla di male, non hanno commesso reati, eppure sono sospette e per questo pericolose.
Enzo Ciconte, Classi pericolose. Una storia sociale della povertà dall’età moderna a oggi, Bari, Laterza, 2025, pp. 312, € 13,00.

