
Kincaid, Passeggiata sull’Himalaya
Un ambiente che, come quello himalayano, annienta le nostre nozioni di spazio e di tempo.
Jamaica Kincaid, nata Elaine Cynthia Potter Richardson, è una scrittrice antiguo-barbudana con cittadinanza statunitense. Attualmente vive a North Bennington, in Vermont.
La prestigiosa casa editrice Adelphi traduce dall’inglese (a cura di Franca Cavagnoli) e pubblica questo testo.
“La mia ossessione per il giardino e quanto vi accade – scrive l’Autrice nell’Introduzione – è cominciata prima che avessi familiarità con quell’entità chiamata coscienza. Mia madre mi ha insegnato a leggere quando ero molto piccola e lo ha fatto senza dirmi che c’era una cosa chiamata «L’Alfabeto». Le parole mi sono diventate familiari come fossero del tutto a sé stanti, ciascuna un mondo a sé, integro e autonomo, capaci di congiungersi con altre parole se lo desideravano o se qualcuno come me lo voleva”.
Scaturita prima che avesse familiarità «con quell’entità chiamata coscienza» e poi tenacemente coltivata, tale passione l’ha portata anni dopo a intraprendere in compagnia di tre botanici un viaggio sulle colline pedemontane dell’Himalaya, alla ricerca di semi da piantare nel suo giardino del Vermont.
Tre settimane di faticoso cammino, fra paesaggi sempre mutevoli, di una bellezza vertiginosa e allarmante – inquietanti strapiombi a pochi centimetri dai piedi, improvvisi sbalzi di temperatura, le onnipresenti sanguisughe, guerriglieri maoisti mai indulgenti con chi proviene dagli Stati Uniti –, che hanno dato vita a questo piccolo libro, solo in apparenza diverso dai precedenti, dove la prosa di Kincaid conserva la stessa «spontaneità sontuosa» che le aveva attribuito una volta, con calzante precisione, Susan Sontag.
Jamaica Kincaid, Passeggiata sull’Himalaya, Milano, Adelphi, 2025, pp. 211, € 14,00.

