Chiesa,  Comunità,  Rifondare la catechesi

Carolla, La gioia di essere cristiani. Lettere ai catechisti/1

Nella Chiesa che verrà non si potrà più chiamare ‘catechesi’. Perché questo termine è evocativo di un modello che nel tempo attuale non solo non incide più nel vissuto, ma produce rifiuto e rigurgito. Basta fare due parole con qualsiasi catechista dalla Sicilia alla Val d’Aosta per avere l’amara conferma. Il Covid, da questo punto di vista, ha disvelato una criticità della prassi pastorale tutt’altro che secondaria: che la fede è sinonimo-sintesi della Messa celebrata (e così richiesta nello specifico delle esequie in forma trasversale dalla gente). Parafrasando la dei martiri di Abitene (ed erano tempi diversi) tanto citata nel tempo del lockdown (senza la domenica non possiamo vivere), adattandola alla catechesi vissuta oggi nelle parrocchie, dico che: con questa catechesi non riusciamo più a credere.
O si genera un’esperienza che parte dalla vita dentro la quale immergere i ragazzi e gli adolescenti di oggi, o saranno gli stessi genitori che si stancheranno di ‘portare’ i ragazzi in parrocchia, talmente sono esausti.
Don Dante Carolla è un prete di lungo corso nell’accompagnare i catechisti nella sua diocesi di Firenze, per ben 12 anni, e con Itaca ha dato alle stampe una raccolta di Lettere ai catechisti (1° volume, in attesa a breve di un 2° volume), maturati negli ultimi anni del suo servizio. Tredici lettere dal sapore diretto, concreto, immediato, esperienziale. Nel tempo di Twitter e Instagram, ovvero, della brevità e dell’estetica don Dante sceglie la via della lettera in forma narrativa.
Suggerisco questa prima raccolta di Lettere a tutte quelle persone che dedicano tempo e passione con bambini, ragazzi, adolescenti, giovanissimi nelle singole parrocchie italiane. Ma è un testo che vorrei che arrivasse nelle mani di quelle persone che se ne sono andate dalla parrocchia sbattendo la porta, perché deluse e frustrate dopo anni e anni di catechismo passato tra urla e ‘zitti e fermi’ senza un briciolo di ritorno.
Si educa con la vita più che con i concetti” scrive don Dante. Come a dire: la Chiesa che verrà ha bisogno non di catechisti seduti in una stanza, ma di testimoni umani che portano per le vie della parrocchia bambini e adolescenti fuori della canonica, là dove la vita vibra e il Vangelo grida. In sostanza, nella Chiesa che verrà ci dice don Dante tra le righe delle sue 13 Lettere, o facciamo parlare i luoghi di vita ai ragazzi e agli adolescenti di oggi portandoli lì dove si vive fatica, perdono, cura, pazienza, impegno, dono di sé, o i 45 minuti chiusi in una stanza dei locali parrocchiali sono insignificanti e fallimentari.
Ora che don Dante è direttore spirituale al Seminario Maggiore di Firenze – oltre a incontrarlo in futuro con grande piacere – gli auguro di innervare ai seminaristi la passione generativa di Cristo, della Chiesa, della gente che lo caratterizza nel suo essere prete.
Ps. Piccola proposta a don Dante (e all’editore): per il 2° vol. invece che scrivere Lettere ai catechisti, suggerisco Lettere ai testimoni (perché è la testimonianza che accende la fede). I catechisti sono alcuni, la testimonianza è di tutti. Se in libreria vedo un testo con su scritto Lettera ai catechisti (e io non lo sono), passo oltre; se invece trovo scritto un termine più ampio – diverso da catechisti – è probabile che lo sfoglio… e lo compero!
Grazie don Dante!

Dante CarollaLa gioia di essere cristiani. Lettere ai catechisti, vol. I, Castel Bolognese, Itaca, 2020, pp. 152, € 14,00.