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Franchini, L’ ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti

Etty Hillesum lo ha detto e scritto nudo e crudo: “Non vogliamo pensare, non vogliamo sentire, voglia­mo dimenticare il più possibile. E questo mi sem­bra molto pericoloso”.

Roberto Franchini è giornalista, scrittore e saggista, si occupa da anni di storia della musica. È stato direttore dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna, presidente della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e del Festival filosofia. 

Con l’editore Marietti pubblica questo volume che è bene leggerlo in classe agli studenti, in oratorio ai ragazzi, in facoltà a chi studia e ricerca, e così in tanti altri luoghi perché è pane per la memoria di oggi e di domani.

Simon Laks – scrive l’Autore nell’Introduzione – fu uno dei primi sopravvissuti a pubblicare il racconto della propria terribile esperienza in un campo di sterminio e il suo libro uscì in Francia un paio d’anni dopo la fine della guerra. Compositore polacco di nascita ma parigino per formazione musicale, Laks aveva ricoperto il ‘prestigioso’ ruolo di direttore dell’orchestra Auschwitz-Birkenau per quasi due anni. Aveva vissuto di musica e di terrore“.

Il volume è suddiviso in 11 capitoli:

I. Orchestre per l’Inferno. Simon Laks, il musicista da un altro mondo. Jacques Stroumsa, il violinista di Salonicco. Le note tristi di un violino tzigano. Oskar Siebert, ebreo e zingaro. 

II. Terezín, il supremo inganno del nazismo. Viktor Ullmann: «Visse il momento, vive per l’eternità». L’ultima canzone di Ilse Weber. Hans Krása, che riprese a comporre a Terezín. La valigia piena di spartiti di Gideon Klein. L’esilio a Terezín dell’ebreo Pavel Haas. Kurt Gerron, l’attore che fece un regalo a Hitler. Il film su Terezín, la finzione di un inganno. 

III. Westerbork, il cabaret nella brughiera olandese. Max Ehrlich, ultimo spettacolo: Auschwitz. 

IV. Buchenwald, la politica e la musica. Quella volta che Jiří Žák salvò Elie Wiesel. Josef Kropinski, autopsia delle canzoni.

V. Dachau, il campo “modello”. Herbert Zipper, che attraversò tre campi di prigionia. 

VI. Ascesa e caduta dell’orchestra femminile. Alma Rosé, la nipote di Mahler. Fania Fénelon, memorie e polemiche. Alice Herz-Sommer, la bambina che suonava per Kafka. Anita Lasker-Wallfisch, la violoncellista di Birkenau. 

VII. Il jazz, la musica che sconfisse il nazismo. I Ghetto Swingers, la più famosa jazz band a Terezín. Erwin Schulhoff, il camaleonte “rosso”. Eric Vogel, il jazzista ceco che voleva vivere in America. Il lungo addio di Martin Roman. Louis Bannet, il Louis Armstrong d’Olanda. 

VIII. Le vie dei canti e delle canzoni.

IX. Salvatori e salvati. Aleksander Kulisiewicz, la memoria enciclopedica dei canti. Il bambino rachitico che salvò canzoni dei ghetti e dei lager. 

X. I musicisti italiani nei campi nazisti. Giuseppe Selmi, un Concerto spirituale per Tarnopol. Emilio Jani: «Mi ha salvato la voce». Mario Finzi, il pianista di Villa Emma. 

XI. Opere. La Canzone dei soldati della palude. Un Quartetto al tempo dell’Apocalisse. Le 55 recite di Brundibár. Guareschi racconta la sua Favola di Natale. L’esecuzione dell’Imperatore di Atlantide.

Quello che veniva chiamato il modello Dachau -evidenzia l’Autore – comprendeva l’uso degli altoparlanti e della musica come strumenti di propaganda prima, di tortura psicologica e fisica dei prigionieri poi. (…) Il comandante del campo faceva ascoltare la radio nazista di notte e durante i pasti. (…) L’uso degli altoparlanti e le trasmissioni radio pubbliche erano, per i comandanti dei campi, una dimostrazione di potere, un’opportunità per mostrare agli oppositori politici incarcerati la forza e la sicurezza del regime nazista“.

Roberto Franchini, L’ ultima nota. Musica e musicisti nei lager nazisti, Bologna, Marietti, 2021, pp. 322, € 24,00.