Schmemann, Diari 1973-1983
Pensieri, delusioni, gioie e speranze mentre viaggia attraverso l’America e in tutto il mondo, mentre lotta con i problemi del seminario e della Chiesa, mentre si reca in Svizzera per il primo di molti incontri con Solženicyn, appena esiliato.
Alexander Schmemann (1921-1983), nato in una famiglia russa di radici tedesche, si diresse in Francia dall’Estonia nella sua prima infanzia. Nel 1946 fu ordinato sacerdote. Studente dell’Istituto di teologia ortodossa Saint-Serge, visse nell’ambito dell’emigrazione russa a Parigi fino alla sua partenza per gli Stati Uniti nel 1951. Qui divenne una personalità di spicco della Chiesa ortodossa d’America. Per lunghi anni decano del Seminario di San Vladimir a New York, è stato uno dei teologi più rinomati a livello mondiale. I suoi studi più apprezzati vertono soprattutto sulla liturgia, l’ecclesiologia e la storia della Chiesa.
La qualificata casa editrice del Centro Aletti Edizioni Lipa pubblica due volumi in cofanetto (indivisibili) dei diari di uno dei teologi più significativi della seconda metà del XX secolo, che ha riflettuto in modo vivo, acuto, intuitivo sugli interrogativi posti dai cambiamenti epocali del secolo scorso.
“Lunedì, 19 febbraio 1973. Ieri – annota Schmemann – ho trascorso una lunga serata da Viktor Kabačnik con i “nuovi arrivati” Jurij Štejn e sua moglie Veronika (Turkina), cugina della prima moglie di Solženicyn. Abbiamo parlato a lungo di Solženicyn, della Russia, di padre Vsevolod Špiller (che secondo loro ci è cascato…) e così via. È vero, non siamo più abituati a infervorarci nelle discussioni. Ma in questo fervore si percepisce anche una sorta di sconcerto, un’ossessione per la politica. È difficile trovare, non dico un linguaggio comune, ma un contatto interiore – o forse questo è un problema mio personale. Mi ha più volte assalito il pensiero: ma sì, anche voi ribollirete per un po’ e poi vi “calmerete” come tutti. La triste sorte degli emigranti è quella di voler “aprire gli occhi” a gente che guarda in un’altra direzione. E ancora più amaro è incontrarsi con l’ondata precedente dell’emigrazione che si è già “calmata” ed è passata alle beghe interne (è più facile!). Nascono comitati, partono misteriose telefonate a Londra e a Mosca. L’eterna via dell’intelligencjia russa – la via di concitate rotture. Che nel contempo è l’unica cosa accettabile in Russia“.
È difficile immaginare una vita vissuta più pienamente. Eppure, nel cuore del tumulto, padre Alexander sa sempre come ritrovare la pace, come discernere ciò che è reale, come celebrare la creazione di Dio e rendere grazie.
“A Brodskij – prosegue Schmemann – dà addosso la “feccia” accademica. Questa, a sua volta, si getta tra le braccia della “feccia” politica, senza rendersi conto che si tratta di “feccia”. Per questo, io credo, in definitiva sulla storia influisce una cosa sola: dire quel che si ha da dire, senza guardare in faccia nessuno, senza calcolo. “Dissero il vero nel mondo dolente…”. Per questo mi è caro Solženicyn. Quando penso a lui, mi sento colmare di luce e di calore. Alla mia domanda, Veronika Štejn ha confermato che è un uomo di una forza incredibile e ostinata… e ancora: non bisogna mai aver paura che la “storia” passi oltre, non preoccuparsi di lasciarsela in qualche modo sfuggire. Veronika Štejn narra anche del dramma familiare di Solženicyn. Lei è dalla sua parte. La situazione è stata sfruttata per dar contro a Solženicyn. Una triste parte in questa vicenda se l’è assunta padre Špiller. Dalla sua lettera a Lawrence spira un’avvilente superbia spirituale. Non c’è niente di più facile al mondo che giocare sulla “religiosità”. E quanti sono a non capire che una religiosità non purificata, non illuminata diventa appunto il concentrato del demoniaco nel mondo (ne è una riprova Čevengur, tutto pervaso da una paurosa, tenebrosa religiosità)“.
Per l’acquisto diretto del cofanetto.
Alexander Schmemann, Diari 1973-1983, Roma, Edizioni Lipa, 2021, vol. 1 pp. 576; vol. 2 pp. 544, € 39,00.